in memoria di BORIS PETKOVSKI…
…Ricordo ancora con tanta chiarezza, pare fosse ieri, le parole del professore Petkovski (parole il senso delle quali mi sfuggiva in quei tempi) durante le ore di ricevimento e in vista del mio primo esame agli studi di post-laurea, parole che dicevano “… abbiamo il dovere di osservare in maniera molto vigile tutti i processi che realmente o solo apparentemente modellano la nostra identità, il dovere di creare contenuti e di decifrare i contesti delle idee che hanno reso possibile il nostro agire e la nostra fermezza in balia ai processi molto spesso infausti, orribili, negatrici, dannosi per i macedoni… “ Così parlava, il mio professore, il mio mentore allora, il mio amico più tardi, Boris Petkovski.
Parlava anche di quei parametri teorici, di sviluppo, istituzionali ed altri (per molti tuttora poco chiari) che, attraverso il lavoro su vari progetti, compiti di ricerca, sfide…,, avremmo potuto riconoscere quale parte integrante dello sviluppo generale della cultura e dell’arte sul suolo macedone. Ne parlava qualificandoli fondamentali per la definizione degli ambiti che avevano in maniera considerevole predeterminato e condizionato la nostra emancipazione vista nella sua globalità in mezzo ai processi europei in tutti gli aspetti della vita…
In un periodo in cui non era ancora maturato e scattato l’impulso per una revisione critica della propria definizione di valore, volta necessariamente allo sviluppo della percezione della propria identità culturale e artistica, egli parlava della necessità di instaurare un rapporto specifico, inventivo, proprio e riconoscibile nei
confronti della concezione della referenziazione critica e scientificamente fondata riguardo al concetto della “identità macedone” nel campo della cultura e dell’arte, aprendo così l’accesso alla materia la quale, benché realmente astratta e incomprensibile in quel momento, riusciva comunque a edificare gradualmente il nostro rapporto nei confronti di tutti quei fenomeni che, fino ad allora, non eravamo in grado di percepire quali fattori significativi ed importanti…imparavamo a vedere il mondo con altri occhi come se tutto dovesse cominciare da noi, eppure dovevamo rispettare quella tradizione così complessa e stratificata, della quale potevamo soltanto intuire la materia che avrebbe plasmato noi, i nuovi arrivati, giovani studiosi alle prime armi, dallo sguardo fisso nelle distese brumose delle nostre incerte proiezioni nel tempo…. Ed egli era lì che confortava il nostro spirito, riesaminava la nostra dedizione, pesava ogni nostra parola, parere, pensiero. E noi, orgogliosi, ci convincevamo che ecco, tutto sarebbe partito da noi, e noi eravamo già equipaggiati con quel senso di completezza, in possesso di nuove conoscenze acquisite per ogni pietruzza del mosaico che aggiungevamo alla vaga immagine, la quale pian piano, come una favola, ci apriva lo sguardo sulle parti sconosciute e sconfinate dello spirito, quelle parti in cui il fervore artistico era riuscito a manifestarsi in innumerevoli combinazioni e a perdurare quale emanazione essenziale. …Ricordo come coltivavamo dentro di noi il senso di un infinito rispetto per la storicità …. quella storicità della quale il professore Petkovski amava tanto discorrere, come se volesse che diventasse nostro testamento… o, forse, nostra cospirazione con l’eterna devozione.
Non ci esimevamo dallo sforzo di decrittare tutte le parole di quella frase complessa che ormai diventava la nostra realtà, fervente come un gioco trasportato dalla consapevolezza del proprio apporto del quale il prof. Petkovski voleva che ce ne accorgessimo. E così, penetrando nella sostanza delle necessità storiche, abbiamo preso coscienza delle continuità e dei condizionamenti, dell’essenza delle varie ricerche, dell’importanza di determinati progetti, della durevolezza di certi concetti che offrivano opzioni e risposte al problema legato alla nostra capacità di inserirci nell’epoca moderna. Spesso ci spingeva in maniera docile, un po’ poetica, ad affinare i nostri sensi, a dare forma alle nostre percezioni, e a riconoscere le carenze che impedivano tutto ciò anche in situazioni in cui i nostri pareri erano in chiaro contrasto con il suo modo di percepire gli stessi fenomeni…
E come di regola, attraverso discussioni interattive, prive di condiscendenza all’accogliente diceria di piccola borghesia, la nostra rimessa in discussione fu, quasi sempre, anteposta a tutti i tipi di osservazione critica. Da lì noi riconoscevamo la necessità che ci imponeva di rappresentare tutti gli aspetti “del positivo inserimento macedone nella cultura e nell’arte del XX secolo”; così imparavamo, quasi non rendendocene conto, della complessità del processo di ricognizione anche di quelle quasi impercettibili oscillazioni dello spirito, individuate nelle varie manifestazioni macedoni, nostre manifestazioni artistiche…
Oggi, con lo sguardo fisso in quella fredda mattina quando, in silenzio, per l’ultima volta trovai il coraggio di consegnargli tutte le mie note, i miei riferimenti e gli appunti, (non volendo ammettere a me stesso che li consegnavo consapevolmente a quella zona di cui sempre avevamo parlato, ma non sempre l’ammettevamo di averlo fatto), non riesco ancora (e neanche lo voglio) liberarmi di quel senso di semplice tristezza umana, ma allo stesso tempo di gioia non nascosta, che abbiamo affidato in costodia quel nostro testamento dello spirito, per il quale probabilmente vale la pena di spendere la vita umana apparentemente complessa, ma in realtà semplice, passeggera…
Traduzione dal macedone: Radica Nikodinovska