Istituto Dante Alighieri, Skopje

Un’altra serata organizzata dalla Dante, è stata la serata dedicata a Giorgio de Chirico. L’undici dicembre 2008, alle ore 18, la sala presso la Facoltà di Filologia era piena di gente in attesa dell’inizio della conferenza del professore Vlada Urosevic.

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Il tema, come ho già detto, il genio di Giorgio de Chirico, fondatore della pittura metafisica e incontrastato protagonista della scena artistica internazionale del ‘900.

Da madre genovese e padre siciliano, De Chirico nasce a Volos, Grecia e questa localita sarà molto importante per la sua formazione di pittore. Vale a dire che lui cresce con la vista della montagna dove si costruiva la ferrovia sulla quale tra l’altro lavorava anche suo padre, ingegnere delle ferrovie. La ferrovia si incontrera poi in molti dei suoi quadri.

De Chirico intraprende lo studio della pittura al Politecnico di Atene, e intorno al 1909 comincia a delineare la poetica della metafisica: L’arte capace di governare le emozioni e trasformare l’inconscio. Nel 1911 va a Parigi dove conosce i più rilevanti principali artisti dell’epoca, comincia quindi a dipingere quadri con uno stile più sicuro. Subisce l’influenza di Gauguin da cui prendono forma le prime rappresentazioni delle piazze d’Italia. La migliore produzione pittorica di De Chirico avviene proprio in questo periodo, tra il 1909 e il 1919, e le tele di questo periodo sono memorabili per le posture e per i rapporti evocati dalle nitide immagini.

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Il suo modo di rappresentare la piazza è unico. Ci sono certi elementi che sono immancabilli nelle opere del maestro di Volos e cioè una statua poste sulla piazza, alcuni passanti, un tempio, la ferrovia che si intravede lontano sulla montagna.

Nella sua opera Statues, meubles et généraux De Chirico stesso parla di questo suo modo di rappresentare gli oggetti: “È già stato osservato più di una volta l’aspetto curioso che riescono ad acquistare letti, armadi, specchiere, divani, tavoli, quando ce li troviamo improvvisamente dinnanzi sulla strada, in uno scenario nel quale non siamo abituati a vederli: come accade in occasione di un trasloco, oppure in certi quartieri dove mercanti e rivenditori espongono fuori dalla porta, sul marciapiede, i pezzi principali della loro mercanzia. Tutti questi mobili ci appaiono sotto una luce nuova, raccolti in una strana solitudine: una profonda intimità nasce tra loro, e si direbbe che un misterioso senso di felicità serpeggi in questo spazio ristretto da loro occupato sul marciapiede, nel bel mezzo della vita animata della città e del continuo andirivieni della gente; un’immensa e strana felicità si sprigiona in quest’isola benedetta e misteriosa contro cui si scatenerebbero invano i flutti strepitosi dell’oceano in tempesta. I mobili sottratti all’atmosfera che regna nelle nostre case ed esposti all’aperto suscitano in noi un’emozione che ci fa vedere anche la strada sotto una luce nuova. Una profonda impressione ci possono suscitare anche dei mobili disposti in un paesaggio deserto. Immaginiamoci una poltrona, un divano, delle seggiole, radunate in una piana della Grecia, deserta e ricoperta di rovine, oppure nelle praterie anonime della lontana America. Per contrasto anche l’ambiente naturale tutt’intorno assume un aspetto prima sconosciuto.”

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Nel 1917, De Chirico conosce il pittore futurista Carlo Carrà con cui inizia il percorso che lo porta a perfezionare i canoni della pittura metafisica. Le opere realizzate in questo periodo sono caratterizzate dalla ricorrenza di architetture essenziali, proposte in prospettive non realistiche, immerse in un clima magico e misterioso, e dall’assenza di figure umane. Compare in questo periodo anche il tema archeologico, un omaggio alla classicità reinventata però in modo inquietante, di cui un esempio è l’opera Ettore e Andromaca.

Ci sono tante altre cose che si possono dire su questo grande artista, però noi ci fermiamo quá. De Chirico resta uno dei pochi artisti italiani cui universalmente viene riconosciuto un ruolo centrale nella storia dell’arte del XX secolo.

Andrijana Ognjanovska