Istituto Dante Alighieri, Skopje

01-05-2015-dzumpa-lahiriLa scrittrice premio Pulitzer parla della letteratura come strumento per battere la “paura dilagante”. E della sua esperienza personale, che l’ha portata a innamorarsi della nostra lingua e a provare finalmente un senso di appartenenza.

“La letteratura è un modo per sconfiggere il terrore, perché ci permette di viaggiare, di conoscere chi è diverso da noi, di entrare nelle teste delle altre persone e di non considerarle solo come ‘l’altro’. Leggere può salvarci dalla paura dilagante”. È con un riferimento ai fatti di Tunisi che la scrittrice americana Jhumpa Lahiri ha scelto di chiudere il suo incontro con il pubblico alla Repubblica delle Idee di Udine. Un incontro pieno di riflessioni ma anche di ricordi personali, in cui Lahiri ha raccontato la sua scelta di allontanarsi dagli Stati Uniti, che pure l’hanno consacrata come una delle scrittrici di maggior successo degli ultimi anni, attribuendole anche il premio Pulitzer, e di scegliere l’Italia come il luogo in cui vivere e l’italiano come la lingua in cui esprimersi.

“Ero a Firenze con mia sorella, avrò avuto 25 anni ¬ ha spiegato ¬ e ho sentito intorno a me questa lingua, l’italiano. Mi sono innamorata, a prima vista, come fosse stato un uomo”. Una passione che l’ha portata a studiare la nostra lingua per venti anni in America prima di trasferirsi a Roma con la famiglia e arrivare a scrivere in italiano il suo ultimo libro, “In altre parole”: un viaggio dentro la passione fra la scrittrice e la sua nuova lingua ma anche una riflessione sull’identità e la letteratura. “Per me l’italiano è stata una salvezza, un luogo tutto mio, che ho scelto, la conclusione di un triangolo che da una parte vedeva il bengalese, la lingua della mia famiglia, quella che si parlava a casa, e dall’altro l’inglese, la lingua della scuola e dell’istruzione. Due idiomi che ho vissuto ma che in qualche senso non mi sono mai davvero appartenuti tanto quanto questa nuova lingua”. Lahiri ha ripercorso il tema del festival raccontando come culture diverse convivano dentro di lei e come questa presenza multipla l’abbia sempre fatta sentire spaesata, come se non appartenesse a nessun luogo.

“Poi ho trovato Roma, una città dove mi sento totalmente libera e a cui sento di appartenere”, ha detto. All’Italia, terra di adozione, la scrittrice rimprovera a volte la chiusura, il non voler riconoscere il mondo che cambia e che ha il volto dei tanti ragazzi di seconda generazione nati e cresciuti qui ma ancora considerati stranieri dalla legge. “E’ tempo di dare a loro uno spazio e un’identità: l’Italia sta perdendo una grossa occasione non facendolo”.

Preso da: http://www.repubblica.it/la-repubblica-delle-idee/udine2015/2015/03/21/news/jhumpa_lahiri-110157758/