Vladimir Martinovski
Noi affermiamo che la magnificenza del mondo
Si è arricchita di una bellezza nuova.
La bellezza della velocità.
F. T. Marinetti
Prima di considerare una delle portanti sfide estetiche del Futurismo nelle arti pittoriche, sarebbe opportuno fare un giro, almeno per un attimo, su un veicolo, il più veloce possibile (magari su un bolide da corsa o in aereo, però nella cabina di pilotaggio). Quanto più veloce si muove il nostro veicolo, tanto più trema il ventre; tanto è meglio quanto più si mescolano e si moltiplicano le forme degli oggetti per la grande velocità. In questo modo, almeno per un istante, abbiamo la possibilità di sentire sulla nostra pelle l’entusiasmo della velocità e del movimento che sentirono i futuristi un secolo fa. Abbiamo la possibilità di sentire la loro gioia all’incontro con una delle massime “conquiste” della nuova epoca tecnologica: la vita alla massima velocità; abbiamo la possibilità di intuire una delle “formule” preferite dei futuristi, testimone dell’intreccio tra arte e vita: arte +movimento\ azione +vita=futurismo.”
Il movimento, il dinamismo e la velocità giungono allo stato di “parole chiave” nel vocabolario teorico e nell’estetica dei futuristi, ancora prima della pubblicazione del Manifesto dei pittori futuristi, uscito a Milano l’11 aprile 1910, firmato dai pittori Umberto Boccioni (1882-1916), Carlo Carra (1881-1966), Luigi Russolo (1885-1947), Giacomo Balla(1871-1958) e Gino Severini (1883-1966). L’autore del Manifesto del futurismo (pubblicato sulle pagine di Le Figaro del 20 febbraio, 1909), il poeta-ideologo dell’avanguardia, Filippo Tommaso Marinetti (1876-1944), sostiene che quando considerava di dare un nome al nuovo movimento, una delle parole per cui aveva optato (prima di ricordarsi della parola “futurismo”) è stata proprio la parola “dinamismo”. Nonostante questa parola non fosse diventata l’etichetta del movimento, è rimasta un’ossessione creativa per i pittori futuristi. Il fascino della velocità, resa possibile dalle nuove conquiste tecnologiche, viene incarnato da una delle tesi più ardite, più citate e più commentate del Manifesto del 1909: la dichiarazione di Marinetti che l’automobile da corsa è più bella dell’ antica scultura di Vittoria di Samotracia. Insieme a questo confronto provocatorio, Marinetti ha indubbiamente lanciato una nuova estetica: l’estetica della velocità del movimento. Il prodotto industriale, l’auto volante, non a caso viene interpretata come simbolo supremo dei “parametri dell’energia e del dinamismo” su cui, secondo i futuristi, si dovrà appoggiare l’arte della “nuova epoca”.
Dal punto di vista odierno, bisogna ricordare che nell’anno in cui Marinetti lancia le provocatorie tesi-guida dell’estetica letteraria e pittorica futurista, già succedono alcuni avvenimenti importanti nella sfera della scienza e della tecnologia, invenzioni che avrebbero concesso alla gente di muoversi più velocemente di prima. Le automobili da corsa nel 1909 già arrivano a una velocità oltre i 100 km all’ora (che prima era immaginabile solo nella sfera della fantascienza), nello stesso anno La Manica venne attraversata in aereo per prima volta. Il volo in aereo poco a poco diventa per i futuristi un mito dei nuovi orizzonti e delle altezze che la tecnologia apre all’uomo: Marinetti crea un omaggio visivo-verbale alla gloria delle altezze (oltre i 7000 metri), alle quali arrivano per primi gli aerei dei suoi tempi. Le nuove scoperte e l’industrializzazione spingono verso un nuovo stile di vita, cambiando la percezione del tempo e dello spazio: con la velocità diminuiscono le distanze e crescono le possibilità di comunicazione. Le nuove conquiste tecnologiche, come appunto ci ricordano i futuristi, inducono a una diversa concezione del mondo, molto più dinamica, e anche a nuove necessità estetiche e nuovi valori. La glorificazione della tecnologia e della velocità da parte dei futuristi non è solo strettamente legata all’idea di abolizione dell’arte del passato (secondo Marinetti “futurismo significa odio del passato” e “i musei e le biblioteche sono cimiteri”), ma è anche legata a una delle premesse portanti dei pittori-futuristi: che gli artisti devono “appartenere alla propria epoca”, che “l’opera d’arte deve essere provocatoria” ed “esaltare ogni forma di originalità”, che la nuova arte non può rimanere insensibile alla “frenetica attività delle grandi capitali”. In altre parole, la nuova arte, secondo i futuristi, deve integrare le nuove esperienze di vita, che sono prodotto delle conquiste tecnologiche. Mentre nel secolo precedente i pittori salivano in mongolfiera per poter dipingere da una prospettiva aerea, i futuristi non esitano a salire nella cabina di pilotaggio. Quindi, la nuova arte stabilisce rapporti indissolubili con il movimento e con la velocità.
”I futuristi erano fedeli al nuovo mondo i cui tratti distintivi erano il movimento e la velocità che poi hanno messo in pratica nella pittura” – sottolinea Lazar Trifunovic nello studio Stili figurativi del XX secolo. ( 1994,59) Giovanni Lista, uno delle massime autorità fra gli studiosi del Futurismo (che non a caso ha svolto un ruolo cruciale nella celebrazione del Centenario dalla nascita del movimento), nello studio Futurismo: la rivolta dell’avanguardia (2008) giustamente sottolinea il nesso intermediale fra le preoccupazioni estetiche chiave della letteratura e delle arti figurative. Secondo Lista, il poeta Marinetti, per mezzo di diversi esperimenti (soprattutto con “Parole in libertà”), introduce nella poesia alcuni principi rilevanti anche per le arti figurative: “libertà e immediatezza espressiva in cambio del sistema metrico-cioè in cambio di qualsiasi forma prestabilita-dinamismo fluido e continuità delle forme, orchestrazione polifonica e intensità delle sensazioni, abolizione dei temi tradizionali dell’arte, tutto allo scopo di fare del lirismo una riflessione immediata del mondo in cui dominano la tecnologia e la velocità.” (2008, 25).
Nella visione futurista del mondo, il movimento non è legato soltanto ai nuovi mezzi di trasporto e al nuovo ritmo di vita nelle aree urbane, recentemente industrializzate. Il dinamismo si sviluppa in chiave estetica e in impostazione poetica di tutti i fenomeni nel mondo, sicché i pittori-futuristi nel manifesto del 1910 affermano con grande entusiasmo:
“tutto si muove, tutto corre, tutto volge rapido. Una figura non è mai stabile davanti a noi, ma appare e scompare incessantemente”. Oltre questa constatazione, i futuristi arrivano a un’altra “invenzione” che è cruciale anche per le loro sfide creative successive, la coscienza che “le cose in movimento si moltiplicano”! (Certo, come il resto delle invenzioni nell’arte, anche questa “novità” pittorica ha una lunga preistoria: già nella pittura rupestre si trovano animali con più arti, per cogliere la loro corsa o la loro fuga dai cacciatori) .
Quindi, anche oggi quando ci troviamo davanti alle opere dei futuristi, o quando le rivediamo per mezzo di riproduzioni in qualche monografia, è chiaro che non ci troviamo in un veicolo veloce, però dopo pochi secondi abbiamo la sensazione che gli oggetti dipinti stiano per volare da qualche parte o che siamo noi che ci muoviamo. Alcuni osservatori testimoniano di aver addirittura avuto delle vertigini davanti ai quadri dei futuristi rappresentanti panorami aerei. Anche se i futuristi hanno introdotto nell’arte figurativa meno novità di quello che si sarebbe sperato, visti i loro numerosi manifesti (oltre a quelli già menzionati, furono pubblicati con velocità frenetica anche Manifesto tecnico della scultura futurista, Manifesto tecnico della letteratura futurista, Manifesto dei drammaturghi futuristi, Manifesto della donna futurista…) comunque, la loro ossessione pittorica principale – catturare il cinetismo e la velocità del mezzo negli artefatti pittorici statici- risulta indubbiamente tra una pleiade di conquiste pittoriche non trascurabili nella storia dell’arte moderna. Certo, non a caso, a parte il dinamismo, la teoria artistica futurista si occupa anche della categoria della “simultaneità”, perché il movimento implica obbligatoriamente anche il rapporto tra le categorie spazio e tempo. Infatti, i futuristi (ri)esaminano le tesi principali del saggio di Lessing Laocoonte, ovvero sui confini tra pittura e poesia (1776), secondo il quale la pittura rappresenta anzitutto “gli oggetti accostabili uno all’altro”(quindi opera nello spazio) e non “uno dopo l’altro” (come nella letteratura che opera nel tempo). I futuristi, infatti, dimostrano il fatto che quando gli arti vengono rappresentati in varie fasi del movimento (uno accanto all’altro) viene inevitabilmente implicata la dimensione temporale.
Nel tentativo di cogliere i movimenti delle varie creature (dalla ragazza che corre sul balcone alla mano del violinista fino al cane al guinzaglio o al cavallo al galoppo), i futuristi spesso si accostano a un metodo che prima di tutto era stato adottato nell’ambito della fotografia, cioè negli esperimenti nominati “cronofotografie” e “fotodinamismo” di Etienne-Jules Marey: gli oggetti fotografati vengono rappresentati in varie fasi del movimento. Così, insistendo a cogliere il dinamismo, i pittori futuristi rappresentano gli oggetti in alcuni modi principali che cercheremo di riassumere nelle categorie seguenti: 1.tutti gli oggetti dipinti vengono rappresentati in una tappa del movimento, cosicché attraverso l’impostazione delle linee, le soluzioni coloristiche e la sfumatura dei colori si annuncia la tappa seguente del movimento, come nel quadro La città che sale (1910-11) di Umberto Boccioni; 2.alcune parti del corpo (di solito gli arti) vengono ridipinti sulla tela più volte in posizioni diverse, come le zampe o la coda del cane, o le gambe della donna nel quadro paradigmatico Dinamismo di un cane al guinzaglio (1912) di Giacomo Balla (“Un cavallo in corsa non ha quattro gambe: ne ha venti!” ricordano i futuristi ) ; 3.l’intero corpo viene rappresentato simultaneamente in varie fasi del movimento, come nel quadro di stile puntinistico Ragazza che corre sul balcone (1912-1913) di Giacomo Balla, oppure nella serie di opere pittoriche Volo di rondini (1913) di Giacomo Balla; 4. l’effetto cinetico spesso si produce attraverso la variazione dei punti di vista e la moltiplicazione dell’intera figura, come in Sintesi plastica dei movimenti di una donna (1913) di Luigi Russolo; 5.il dinamismo si può cogliere anche attraverso la distorsione, la fusione, la sovrapposizione delle forme e delle linee, che porta all’ irriconoscibilità del modello e all’astrazione completa, come nel quadro Dinamismo di un calciatore (1913) di Umberto Boccioni ; 6.l’oggetto in moto influenza anche la rappresentazione del resto dello spazio e si ha la sensazione che cambia anche l’intera percezione dell’ambiente, come nel quadro Dinamismo di un’automobile (1912-13) di Luigi Russolo o Il cavaliere rosso (1913) di Carlo Carrà; 7.nello scambio creativo con i cubisti, l’oggetto spesso si scompone (come nel cubismo analitico), sicché le parti scomposte vengono rappresentate in varie posizioni inconsuete, come nelle opere di Gino Severini Ballerina in blu (1912) o Autoritratto (1912); 8.il movimento a volte si manifesta giocando con la prospettiva e superando la dicotomia “fuori-dentro” nella composizione, come nel quadro La strada entra nella casa (1912) di Umberto Boccioni; 9.l’uso di analogie sinestetiche e la rappresentazione simultanea di diverse impressioni dei sensi rimandano anche al movimento dei suoni e degli odori, come nel quadro La Musica (1911) di Luigi Russolo; 10. grazie alla rappresentazione dello spazio dalla prospettiva “a volo di uccello” o prospettiva aerea (aeropittura), l’estrema velocità fa sì che l’intero paesaggio riceva una struttura distorta o struttura a spirale, come nelle opere Battaglia aerea 1 (1936-38) di Tullio Crali, Miracolo di luci volando (1931-32), A 300 km sulla città (1930) o Paesaggio dal punto di vista aereo di Gerardo Dottori, Prospettive di volo (1926) di Fedele Azari, Aeropittura (Paesaggio aereo) (1932) e Sorvolando in spirale il Colosseo (1931) di Tato o Vortice (1932) di Alessandro Bruschetti.
In tutte le varianti possibili (ovviamente esistono più modelli dominanti di quelli sopramenzionati) sembra che lo scopo dei futuristi sia quello di indagare attraverso l’atto pittorico il fenomeno dell’osservazione, che porta gli artisti e gli spettatori a una posizione dinamica. Da qui risale la dichiarazione famosa che “il movimento accade nella coscienza dello spettatore del quadro”. La ridefinizione della posizione dello spettatore, soprattutto attraverso la moltiplicazione dei punti di vista, come nel quadro paradigmatico Visioni simultanee (1911) di Umberto Boccioni è fortemente espressa nel Manifesto tecnico della pittura futurista: “I pittori ci hanno sempre mostrato cose e persone poste davanti a noi. Noi porremo lo spettatore nel centro del quadro.”
Ispirati dalla nuova sensibilità, dal mito della velocità e dalle nuove invenzioni scientifiche, i quadri dei futuristi (come quelli contemporanei dei cubisti) sul piano concettuale vengono paragonati alle ricerche di Einstein, soprattutto alla teoria della relatività (1905,1913), in quanto provocano un tipo di “rivoluzione copernicana” nella formazione della nuova concezione della struttura dello spazio. Secondo quanto detto da Lazar Trifunovic, lo spazio non viene inteso più come “un vuoto statico dritto e tridimensionale, bensì come una struttura movente e elastica, pluridimensionale, che si direziona in base al grado fino al quale le altre forze agiscono su di essa” (1994, 53). Gli studiosi del Futurismo, oltre al parallelismo con le idee einsteiniane, spesso sottolineano l’influenza di Henri Bergson (1859-1941) sulle concezioni artistiche dei futuristi. Ad esempio, nel quadro dal titolo bergsoniano La risata (1911) di Boccioni, in cui viene rappresentata una delle performance dei futuristi, l’immagine del mondo, come nel resto dei dipinti e delle sculture, è omologa alla concezione bergsoniana della realtà come “slancio vitale, creativo e spontaneo”. Così il quadro Autoritratto (1912) di Severini si può concepire anche come “autoritratto in creazione”, ma in ambedue le prospettive le immagini del corpo e della faccia sono decomposte per cogliere appunto l’idea che “un ritratto non è mai statico”. L’eco della posizione bergsoniana si riconosce nella tesi rilevante per le avventure pittoriche futuriste:
”il quadro deve essere la sintesi di quello che si ricorda e di quello che si vede”, affermano i futuristi. Detto questo, il concetto di simultaneità nei futuristi si definisce su un piano generale come penetrazione della percezione visuale ed emotiva, sicché il movimento si coglie nel risuono dei ricordi, nelle associazioni, nei pensieri e nei sentimenti, non solo dell’autore, ma anche dello spettatore.
Nel libro Pittura e scultura futurista (dinamismo plastico)
(1914), Umberto Boccioni, facendosi portavoce dei pittori futuristi, insiste sulla sintesi non solo delle proprie, ma di tutte le esperienze creative e teoriche dei futuristi partendo dal dinamismo nella espressione pittorica. Boccioni distingue due tipi di dinamismo, legati tra di loro: il cosiddetto “dinamismo assoluto”, che si riferisce ai movimenti interni e alla “corrente di emozioni” da una parte, e il cosiddetto “dinamismo relativo”, che si riferisce al movimento di un oggetto in contatto con il suo ambiente (statico o dinamico), dall’altra. Per i futuristi, secondo Boccioni, la realtà è composta da queste due forme di continuo movimento, che portano al “dinamismo universale”, come ad una delle massime priorità dell’idioma pittorico futurista.
Dal punto di vista odierno, non c’è dubbio che le sperimentazioni dei futuristi, legati al dinamismo e alla simultaneità, hanno offerto all’arte nuove esperienze e hanno aperto nuove prospettive creative. Attraverso le sperimentazioni nell’ambito del design, della moda, della fotografia, dell’architettura, del teatro, della pubblicità e delle arti applicate, ma anche insistendo su “l’arte strettamente legata alla vita”, i futuristi annunciarono la diffusione dell’arte figurativa in tutte le sfere della vita moderna. Anche se la lingua pittorica dei futuristi da molti viene considerata eclettica, dato che la maggior parte degli approcci pittorici dominanti erano già stati applicati dal postimpressionismo, dal fauvismo e dal cubismo, non c’è dubbio che le sfide creative legate al movimento e alla velocità, realizzate nella pittura futurista, sono ancora attuali nella cultura visuale all’inizio del terzo millennio. Quindi, per sentire l’emozione attraente e la bellezza specifica del movimento e della velocità, non bisogna salire su un aereo né su un bolide da corsa. Basta osservare per un attimo le opere pittoriche dei futuristi.
Traduzione dal macedone:
Dzejlan Rustemoska