In occasione dei 50 anni dal film Accattone
Pier Paolo Pasolini, nato a Bologna nel 1922, è stato scrittore, poeta, giornalista e regista, uno dei più grandi intellettuali ed artisti italiani del ventesimo secolo. A causa dei frequenti trasferimenti del padre, ufficiale dell’esercito, trascorre l’infanzia e la giovinezza vivendo in diverse caserme in varie parti d’Italia. La famiglia trascorre spesso le vacanze
estive nel paese di sua madre, Casarsa, in Friuli Venezia Giulia. Lì Pasolini scrive nel dialetto locale, il friulano, i suoi primi versi, lì nasce l’interesse per la lingua non letteraria, la lingua non ufficiale. Si laurea in filologia a Bologna e nel 1950 si sposta a Roma dove scrive versi, racconti e sceneggiature. Vive una vita disordinata, da intellettuale-bohemien, partecipando alle discussioni che animavano la vita notturna di Roma. La sua vita intensa finì nella tragica notte tra l’uno e il due novembre del 1975, quando, il suo cadavere venne trovato vicino alla stazione di Ostia.
Qualche anno fa, la pratica dell’omicidio di Pasolini venne riaperta, per trovare una risposta ai tanti interrogativi rimasti aperti: perché ci sono così tante evidenti falle nell’indagine? Perché è stato condannato solo un minorenne, Giuseppe Pelosi, il quale presentava però poche tracce di contusioni e sangue, mentre il corpo di Pasolini e’ stato letteralmente massacrato, travolto anche più volte con un’auto? Perché è stata pubblicata la foto orribile del corpo dello scrittore? Una tensione ancora maggiore è stata creata anche con la ritrattazione della confessione da parte di Pelosi, trent’anni dopo l’omicidio, il quale ora afferma di essere stato minacciato di morte assieme ai suoi genitori da parte di uno degli aggressori. Però nello stesso anno, il 2005, in cui la polizia riapre il caso Pasolini, il tribunale decide che non ci sono nuove prove sufficienti per un nuovo processo. Rimane quindi il dubbio: si trattò di un omicidio che deve rimanere sulle pagine della cronaca nera oppure si trattò di un omicidio con risvolti politici?
Guardando le immagini di Pasolini, sul viso si nota sempre qualcosa di allarmante, che si sente anche nella sua statura, nella sua voce. Inquieto e sempre insoddisfatto, è un tipico intellettuale alla ricerca della sostanza dei problemi, alla ricerca di risposte alle domande più difficili per la necessità profonda di rinnovare la vita civile, la sua morale. Combattente contro le “verità stabilite“, convinto persecutore del banale, della “sana ragione“, quando tutto ciò è frutto di apatia del pensiero e tradizioni corrotte; combattente contro la creazione di nuovi miti e riti che si nascondono dietro la maschera del moderno, della civiltà, del progresso. Secondo Pasolini, una modernizzazione del capitalismo è impossibile, in quanto è convinto della incurabile corruzione della società capitalista, la quale ha in se stessa le radici della distruzione. Lancia le sue critiche rimanendo nell’ambito dell’azione, sentendosi tutt’uno con il movimento dei lavoratori e in uno dei suoi discorsi afferma: “Sono marxista e voto il Partito Comunista“.
Inoltre, è uno degli autori più letti i e citati tra i giovani. Pasolini cerca questa popolarità, vuole essere capito dal popolo. Questa è la sua risposta contro i manipolatori segreti dell’opinione pubblica. Pasolini è uno degli autori che fa i maggiori sforzi per far emergere la letteratura da un’esistenza inutile, per impiegarla in attività socialmente utili. Ancora in Friuli collega la sua letteratura ad un ambito geografico e sociale, nel quale prevalgono decisivamente elementi di un mondo primitivo, al quale l’autore sente di appartenere. Non e’ casuale nemmeno la scelta di utilizzare il dialetto nelle opere letterarie e del mito ad esso legato. Nei romanzi Ragazzi di vita ed Una vita violenta, i personaggi parlano in dialetto romanesco, si muovono in un mondo chiuso di personaggi declassati, nelle borgate attorno al Tevere. Questi giovani non possiedono valori morali, sono predatori in caccia; a caccia di soldi, di donne ed di altri tipi d’amore. Pasolini cerca l’autenticità attraverso questi personaggi non tipici, straordinari e, nello stesso tempo, semplici e primitivi. Cerca la via verso la purezza attraverso il deterioramento estremo. L’elemento di base della sua poetica è la ricerca di un mondo “primario“; nonostante esso sia violento e primitivo a livello animale, gli pare ancora non colpito dalla corruzione contemporanea. In questi romanzi, l’autore segue la nascita della comprensione umana nell’eroe declassato, a volte tiranno, a volte vittima, e la sua crescita a livello di martire, addirittura di santo. La trama nei romanzi è scritta con realismo crudele: odore pesante di corpi sudati, letti sozzi, aria afosa, ragazzini sporchi condannati a morte. Le strade della degradazione umana sono così plasticamente scolpite che fanno sentire gli odori sgradevoli e le percezioni tattili. Pasolini vede le cose in modo pittoresco e cinematografico, soprattutto in quelle scene così amare, sporche e violente, per le quali siamo in grado di contestare il diritto di esistenza letteraria, consapevoli nello stesso tempo delle loro qualità realistiche.
Il primo film di Paolini, Accattone, è una trasposizione cinematografica proprio di questi due romanzi. Il film avrebbe dovuto essere prodotto da Federico Fellini, che però si tirò indietro all’ultimo momento, preoccupato per l’inesperienza pasoliniana dei mezzi tecnici e per l’insistere del regista sulla partecipazione di attori dilettanti, in quanto soggetti incontaminati, puri, privi delle sovrastrutture imposte dalla società.
Il rapporto tra l’autore ed i suoi personaggi si basa non solo sull’osservazione di fenomeni umani e sociali, ma anche sulla partecipazione diretta ad uno stile di vita, che proviene dal bisogno di dare una forma letteraria e visuale ad un’esperienza reale, un’esperienza propria della vita nelle borgate di Roma, all’inizio degli Anni Cinquanta.
Il film narra la storia di Vittorio, detto Accattone, che si fa mantenere da una prostituta, Maddalena, la quale, per colpa sua, finisce in carcere. Accattone, rimasto senza soldi e senza voglia di lavorare, s’innamora dell’ingenua Stella, una ragazza che lui cerca di convincere a prostituirsi. Dopo un piccolo furto, nel fuggire dalla polizia, Vittorio cade dalla motocicletta e muore, compiendo il destino che pesa su di lui sin dall’inizio. Chiude gli occhi tranquillo, liberato dal suo tragico destino, in fuga costante dalla miseria quotidiana, in fuga per l’ultima volta dalla propria realtà degli esclusi ed ignorati dalla società. Tutte queste figure della periferia di Roma, che vivono in un paesaggio di macerie, sono catturate nel bianco e nero “impressionista“ di Tonino Delli Colli, direttore della fotografia del film, nel quale l’ambiente è così bruciato dal sole che colpisce lo spettatore sin dalla scena iniziale e lo costringe a socchiudere gli occhi. Nella scena del sogno, il comportamento del protagonista è quasi lirico nel chiedere al becchino di trovargli un posto al sole, quel sole che lo ha bruciato per tutta la vita.
La scena finale, nella quale Accattone scappa in motocicletta dalla polizia e trova la propria fine, sembra dire allo spettatore che non c’è un’altra via d’uscita oltre la morte, per questi personaggi così disperati, così tragici. Per sottolineare questa storia di miseria totale, Pasolini utilizza musiche di Bach, musica aulica e colta, proponendo così un fortissimo contrasto con le immagini.
Pasolini caparbiamente riesce, con l’aiuto regista Bernardo Bertolucci, a terminare il film nel luglio del 1961 e ad entrare con successo nel mondo del cinema, che a quei tempi era uno dei principali mezzi di comunicazione di massa. Dopo l’uscita del film, il regista subisce una pressione enorme da parte dell’opinione pubblica: i giornali incitano al boicottaggio della visione a causa della rappresentazione quasi pornografica delle prostitute, della rappresentazione realistica dei ruffiani, dei rapinatori e dei criminali. Il film viene censurato e vietato ai minori per la descrizione della vita nelle borgate di Roma e della prostituzione e per il linguaggio dei personaggi.
Per molti, con questo decreto di censura, si voleva nascondere la sporcizia della morale borghese sotto il tappeto, in quanto per il “mondo dei normali“ era inaccettabile la solidarietà a quel tipo di umanità che Pasolini prova a rappresentare nel film, solidarietà che è un valore inesistente per la addormentata classe borghese, che si riempie però la bocca con i “valori sani“ del suo ipocrita codice morale.
Zarko Ivanov