Le Cosmicomiche di Italo Calvino e la sua fantascienza
Il viaggio dentro l’opera di Italo Calvino ci ha già portato alla scoperta dei regni del fantastico e della fiaba. L’esplorazione che lo scrittore aveva avviato tra il 1950 e il 1960 ideando personaggi e storie che raccontavano il “realizzarsi esseri umani” giunse a nuova maturazione a metà degli anni Sessanta con un nuovo ciclo di racconti che ci conducono ancora più lontano, in un vero e proprio viaggio astronomico e cosmogonico.
Nascono allora Le Cosmicomiche (1965), che proseguono l’avventura fantastica calviniana segnando un suo ulteriore salto in avanti nell’appropriazione di nuovi universi immaginativi e linguistici. Anche qui ritroviamo la dialettica tra il vuoto e il pieno, tra l’esserci e il non esserci.
Ne Le Cosmicomiche si incrociano molte dimensioni della ricerca di Calvino. Già dal titolo, che combina in una sola parola i due aggettivi “cosmico” e “comico”, l’autore cercò di mettere insieme varie cose che gli stavano a cuore.
Il “comico” calviniano è da intendere come un filtro tra noi e la realtà, una modalità di rapporto col mondo. Per usare le parole dell’autore: “io pensavo più semplicemente alle «comiche» del cinema muto, e soprattutto ai comics o storielle a vignette in cui un pupazzetto emblematico si trova di volta in volta in situazioni sempre diverse che pure seguono uno schema comune”.
I racconti sono storie umoristiche e paradossali relative all’universo, all’evoluzione, al tempo e allo spazio.
Il narratore, Qfwfq, è un personaggio proteiforme e indefinito. È l’antenato di ogni essere vivente, è stato testimone del Big Bang e della nascita del sistema solare, delle mitosi cellulari e della formazione dei buchi neri. Il suo nome palindromo, che si legge uguale da ambo i lati, rappresenta in sé la possibilità di vita e di morte. A lui è affidato il compito di raccontare quello che è stato, lasciando un segno nell’universo.
Una nuova fantascienza calviniana?
“No, mi pare che i racconti di fantascienza siano costruiti con un metodo completamente diverso dai miei”, rispose Calvino nell’intervista che accompagnò l’uscita del volume.
I racconti de Le Cosmicomiche nascono dalla lettura di opere di astronomia, cosmogonia, fisica relativistica e teoria dell’evoluzione.
Il dato scientifico è stato propulsore per le idee: è da esso che sono nate le immagini.
Ma se la fantascienza prende i mondi lontani e li avvicina rendendoceli più realistici, Calvino fa proprio l’operazione opposta: ci porta più lontano possibile dalle nostre esperienze.
Ognuno dei suoi racconti “ha l’aria di fare il verso d’un «mito delle origini»”, conducendoci così al primordiale, all’antico che non conosciamo ma che possiamo solo immaginare.
Dato scientifico e invenzione fantastica si uniscono e danno esiti straordinari in racconti come Un segno nello spazio e La spirale, che lo stesso Calvino indico come due dei più riusciti e sui quali lavorò instancabilmente.
Troviamo mondi che galleggiano in spazi lontanissimi, galassie che si rigirano insonni dentro morbidi letti vuoti o che si voltano come una frittata nella sua padella infuocata.
E noi friggiamo con lei, come dice Qfwfq, mentre impazienti cerchiamo di scoprire cosa c’è oltre, cosa c’è più in fondo.