Istituto Dante Alighieri, Skopje

L’AURA DI BORIS

“Ovviamente, ognuno ha un proprio sento­re…” Nondimeno, Boris seppe creare la base dell’emanazione del “sentore” individuale di una persona, quell’aura rara e singolare che implica una compilazione e una disarticolazione sagace, in ma­niera più che soddisfacente, con appagamento… creare un personaggio che avremmo potuto seguire come im­magine, come riflesso, come stimolo nel laboratorio di un mare agitato che costantemente accavalla le onde – sempre più alte, sempre più lunghe, sempre più sug­gestive, sempre più profonde – sempre conscio che non avrebbe mai appagato del tutto la propria ambizione e allora l’urto del maroso provocava una tempesta…

E questa tempesta creativa sapeva trasmettere, ri­versare agli altri, diffondendola in miriadi di gocce… la sua energia si moltiplicava e si intensificava. Ci conta­minava tutti con delle informazioni, dei ragguagli, con il sapere, col suo esaminare analitico, tenace, ostinato, approfondito, che non finiva mai… Per quanto mi sen­tissi rassicurata accanto al suo sapere ed alla sua incli­nazione come collega, come amico, alla sua assistenza e al suo supporto professionale, tuttavia mi riuscva gravoso quel suo esigere sempre e ancora di più… Lo spazio che lui lasciava aperto per discutere, per dialo­gare, era talvolta un monologo caparbio, suggestivo. A volte stava semplicemente in ascolto. Boris Petkovski creava uno spazio collegiale e professionale di sosteni­mento e di incitamento, con la lucida consapevolezza come ottenere ciò che voleva, come estorcere una ri­sposta, come indurti a concepire un fatto e come poter concepirlo personalmente per poter più tardi compor­re, completare il mosaico.

A dispetto di questa incredibile energia, questo interminabile vigore della sua corsa verso il sapere, della maratona di conoscere e scoprire… ingiustamen­te, imprevedibilmente e iniquamente, all’improvviso, precocemente, venne al traguardo dell’ultimo giro della sua corsa.

La sua ambizione indomabile, l’adrealina, l’amore per la professione, per l’arte, per le giovani generazio­ni che capiva e incitava con fervore, forse ha richiesto troppo… tutta quell’energia positiva, l’applicazione e la dedizione completa all’arte figurativa, gli hanno reso possibile di appropriarsi il sogno dell’illusione che lui trasformò in realtà, in momenti preziosi, inebrianti, allo scopo di dare ciò che non si sarebbe mai esaurito.

Dolorosa è la perdita… qualsiasi perdita… Non sono capace di trovare le parole adeguate (almeno non quelle che credo siano appropriate) per rifare una con­grua “immagine fotografica” del nostro ultimo incon­tro. No, non me lo ricordo con afflizione… poiché Boris anche in quell’occasione si adoperò di avviarmi con fermezza, con deretminazione, con preconcetto… in un nuovo progetto e come sempre mi diede degli incarichi da eseguire. Pareva si consultasse con me ma rimaneva fermo nella sua idea. Che poteva eventualmente essere sopraedificata… e basta!

“Il suo viso prese un’espressione di bambino stiz­zoso e all’improvviso si sentì felicissimo. Era di nuovo quello di una volta – giovane, coraggioso e deciso come in passato quando poteva ancora opporsi al destino – anche se l’opposizione questa volta sarebbe finita in ri­tirata. Ma che importa! Non gli rimaneva altro. Questo stupido momento non lascia altra scelta. Dio ti manda periodi belli e brutti, ma non vuole che ti lamenti per i tempi brutti, che ti lagni, vuole che ti comporti da uomo. E diede il segno con la mano.” (P. Ziskind, Pro­fumo).

Trattando sistematicamente l’iconografia spiritua­le, Boris Petkovski ha dato origine a una linguistica uni­versale dell’arte figurativa, una metodologia del punto di vista rispetto all’arte, alle questioni aperte, agli in­dovinelli, agli enigmi che ci collegano, ci uniscono, ci impegnano e ci mobilitano, ci predispongono ad una loro soluzione professionale, esistenziale, la descrizio­ne del nostro punto di vista rispetto all’arte.

E questo, nondimeno, si trasforma in obbligo…

“La metodologia ci invita ad uscire da noi stessi e rimanere fuori, all’aperto. Talvolta, a causa del freddo, si deve pur rientrare.” (Max Kozlof)

Traduzione dal macedone: Maria Grazia Cvetkovska