Istituto Dante Alighieri, Skopje

Il valore di un’opera si può eventualmente misurare in conformità agli influssi, effetti che suscita nell’am­biente. Vorrei dare una spiegazione più precisa. La vita vi dà la possibilità di trovarvi di fronte a delle opere alle quali reagite meccanicamente, senza riflettere, altre vi lasciano indifferenti, ma ci sono anche quelle alle quali non potete rimanere insensibili. Queste ulti­me sono molto rare, nondimeno però eccezionalmente potenti. Si inoculano nel vostro subconscio e vi stimo­lano a rifletterne sopra. Suscitano degli interrogativi su come siano state generate, quale era la mente che le ha create e quale era il movente dell’autore affinché le materializzasse proprio in quel dato modo. Se la me­tafisica e l’alchimia che le hanno generato e che esse tuttora contengono le fanno apparire tanto specifiche, e qual’è questo alfabeto universale che portano in sé per rimanere conprensibili nel tempo.

È indubbio che uno tra quelli che hanno indagato dove si trova la verità e se l’immisurabile può essere mi­surato, era il prof. Boris Petkovski. Ho avuto l’occasione di incontrarlo, di conoscerlo personalmente. È stato il mio professore all’Università, ma anche in seguito, su piano professionale, abbiamo continuato ad avere in­contri e contatti.

Ricordo le sue lezioni, erano sempre molto precise e chiare, arricchite e corredate con esempi e storie in funzione di completamento e chiarimento dei temi che ci preponeva. Ciò che da quel periodo mi è rimasto forse più impresso è l’esame che da formale si è trasformato in diatriba. Lui mi ha permesso di esprimere il mio pa­rere. Ho contrapposto le mie opinioni soggettive, i miei argomenti a quelli del professore. Una tale licenza, semmai, possono concedervi soltanto le persone che sono pronte a dare ascolto a come pensa l’altro, diverso rispetto a voi, e nel contempo indurvi a percepire che il confronto di opinioni non significa guerra.

In tutta la sua esistenza il prof. Petkovski si è pro­filato in una persona atta a trasferire ciò che aveva percepito e concepito in un’opera nella quale si trovano memorizzati tutti i segnali, gli indizi giunti fino a lui. Il suo interesse per l’arte moderna e contemporanea del XX secolo è il sito dove potrei ubicare l’opera che lui ha lasciato dietro di sé: l’ideazione e la costruzione del Mu­seo di arte contemporanea di Skopje, la ricerca di tutto ciò che aveva portato con sé questo secolo turbolento, divergente, un secolo di controversie, di cambiamen­ti radicali, valori farseschi, patimenti e di una nuova estetica. Tutto ciò è stato oggetto di osservazione e di analisi da parte di questo storico d’arte, cronista e critico degli avvenimenti del tempo recente. E il tutto compilato sistematicamente nei testi e nei volumi. Essi rappresentano un vestigio rilevante dell’esistenza di una cultura autentica sviluppatasi subendo l’influenza degli eventi europei e mondiali, eppure tuttora dissi­mile, differente, specifica e in certi punti endemica. Le sue nozioni e le sue opinioni sull’arte contemporanea macedone sono particolarmente significative e, a mio parere, esclusivamente importanti. Affidate all’analisi di future generazioni e di altre culture e nazioni.

Le indagini delle differenze e l’eterna riesamina­zione del vero, del reale, è inoltre anche alla base del suo bisogno di promuovere la cultura e l’arte autoc­tona, ponendola in rapporto diretto con le esperienze straniere. I’allestimento e l’organizzazione delle mo­stre, i discorsi promotivi, le sue lezioni tenute all’este­ro, e all’inverso, l’inporto delle esperienze straniere in Macedonia, ha rappresentato la missione che lui stesso si era premesso. Ed è pressapoco qui che percepisco la sua necessità entusiasta di creare un’Associazione macedone-italiana per la collaborazione culturale, ovvero come lui stesso soleva dire, del Centro cultu­rale italiano. Impressionante era la serietà, il senso di responsabilità dimostrata verso questa istituzione, non permettendo neppure per un instante che venisse a rischio la sua esistenza. Creando così la possibilità di un rinnovato incontro tra due culture mediterranee, le quali a volte erano venute in contatto nei secoli passati, influendosi reciprocamente, ma erano rimaste specifi­che, rimanendo proprie, peculiari nella dissomiglianza. Il suo obiettivo non era solo di affermare e promuovere la cultura e lo spirito contemporaneo italiano in Mace­donia. Ha eretto tutto questo a un livello di cognizione, di dialogo, di scambio, di paragone e di affinità di idee e di opere generate in questi due complessi ambientali.

Dovrà probabilmente passare ancora del tempo affinché possiamo percepire la forza e l’intensità di quell’entusiasmo, della dedizione che gli ha favorito, agevolato il cammino lungo il sentiero che da solo si era prefisso. Ho la sensazione che non di rado sia rima­sto incompreso dai coetanei e a volte perfino ostacola­to nel realizzare quello che aveva in mente. Ma posso dire con certezza, però, che il prof. Boris Petkovski ha lasciato dietro di sé un’opera il cuo pregio è facilmente valorizzabile, un’opera che non vi lascia indifferenti e vi concede lo spazio per un dibattito illimitato e appro­fondito e per un sempre nuovo incontro con il profes­sore.

Traduzione dal macedone: Maria Grazia Cvetkovska