Istituto Dante Alighieri, Skopje

il documentario di Alina Marazzi

Nel semestre successivo, a partire dall’anno accademico 2010/2011, nell’Istituto Dante Alighieri di Skopje, verrà organizzato il cineforum: proiezioni di film italiani seguiti da un dibattito. L’iniziativa avrà l’inizio con la proiezione del film documentario Vogliamo anche le rose della regista Alina Marazzi, il quale viene presentato in questa occasione attraverso la recensione del film, tratta da La Rebubblica.

 

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“Nel mio film i diari femministi”

Quando nel suo diario Anita racconta le dif­ficoltà di una ragazza milanese per eman­ciparsi dalla signoria paterna, è il 1967 ed Alina, Alina Marazzi, è una piccolina di 3 anni che si strugge per una bellissima ma­dre malinconica e lontana; quando Teresa, giovane pugliese, confida al suo diario gli orrori di un aborto clandestino, è il 1975 e Alina ha 11 anni, da tre ha perso quella mamma misteriosa dal sorriso dolce e da­gli occhi dolorosi; quando Valentina docu­menta sul suo diario l’ esperienza di una femminista romana tra militanza e amore, è il 1979 e Alina quindicenne sfiora per la prima volta la turbolenza organizzata del­le donne, accostandosi a un consultorio dell’ Aied per chiedere informazioni sulla contraccezione. Di quella mamma perdu­ta da anni, ormai conosce la sofferenza, raccontata in pagine e pagine di quaderni di scuola; e culminata nel gesto fatale del suicidio, a 33 anni, incapace di accettare la dolcezza, il privilegio, la responsabilità di una famiglia dal grande nome, dell’ agia­tezza, dell’ amore di un giovane marito e di due figli piccoli. Dai diari materni e dai tan­ti filmini amatoriali girati dal nonno Ulrico Hoepli, Alina Marazzi ha tratto un docu­mentario ormai celebre tra i cinefili,“Un’ ora sola ti vorrei”, dato al festival di Locarno nel 2002 e superpremiato ovunque. Gli scritti autobiografici di Anita, Teresa e Valentina, scovati tra i tanti dell’ Archivio dei Diari di Pieve Santostefano, sono diventati adesso il filo conduttore di un nuovo documenta­rio, molto atteso, che verrà presentato in prima mondiale, al 60° Festival di Locar­no, venerdì e sabato prossimi. Si intitola Vogliamo anche le rose, uno slogan che le femministe degli anni 70 avevano ripreso da quello gridato nel 1912 a una manifestazione delle operaie tessili del Massachussetts. (..)

 

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Il film è nato «per documentare anche per me stessa cosa voleva dire essere donna solo quarant’ anni fa, in una società ancora patriarcale, maschilista e maritale, e quale enorme cambiamento politico e sociale è avvenuto attraverso le lotte e la fermezza, il dolore e lo sperdimento di quella rivoluzione che si tende a sottovalutare». Le sue protago­niste hanno oggi 50, 60 anni e più, e tra loro e le donne più giovani anche solo di dieci anni non c’ è stato un passaggio di sapere della cultura femminista, ormai asserragliata negli studi universitari “di genere”, mentre si è per­duta, tranne in rare occasioni, la pratica poli­tica, la sorellanza. «Le ragazze di oggi ignora­no quel passato di lotta e a loro paiono ovvi i privilegi e le libertà di cui godono; io vorrei che il mio film gli facesse capire come la loro vita sarebbe tanto più dura e soffocante se tante donne in passato non avessero lottato anche per loro». (…) Come sembrano lontani, perduti nel secolo scorso, quegli anni 60 e 70 che Alina Marazzi ha ricostruito con solo ma­teriale di repertorio d’ epoca, interviste tratte da “L’ amore in Italia” di Comencini o da in­chieste e dibattiti televisivi, film sperimentali e di animazione, riprese militanti e private, fotoromanzi, pubblicità; anni in cui le donne, anche fisicamente così diverse dalle giovani di oggi, scoprirono che ci si poteva ribellare alle leggi, alle regole e ai costumi tradizionali e ingiusti, e scendere in piazza; e farsi pesta­re da agenti furibondi per aver osato sfida­re perché giovani donne osavano sfidare la loro maschilità e quindi il loro potere (c’ è una scena di sanguinose e pazze bastona­te di un gruppo di agenti su una ragazza a terra, in una manifestazione femminista del 1972 a Campo dè Fiori a Roma); e opporsi ai compagni maschi «che se non gliela dai sei una piccolo borghese»; e affrontare in so­litudine l’ aborto clandestino («gli aghi nell’ utero, le cannule che risucchiavano»). C’ è la giovane bellissima siciliana che dà ragione alle femministe ma accetta la sottomissione al marito perché quello è il suo destino, c’ è l’ operaia che vuole la pillola anche «se il par­roco dice che è peccato, pure con cinque figli che non puoi più andare a lavorare». C’ è l’ autocoscienza nell’ inferno della sessualità, le frigide, la masturbazione solitaria, gli scontri tra vaginali e clitoridee, e gli uomini spaven­tati da tanta impensabile minaccia alla loro serenità erotica. Ma anche come sembrano vicine, attuali, in questo primo decennio di un secolo nuovo, quelle inquietudini, quel­le frustrazioni, quei disastri sessuali, quei ruoli di coppia irrisol­ti, che il tempo non è riuscito a eliminare, mentre è iniziato un lento accerchiamento attorno alle conquiste ottenute allora che oggi si tenta di nuovo di mettere in discus­sione, mentre sembra sempre più difficile uscire dalla palude dell’ attuale imme­more scontento o al contrario dalla festosa sudditanza cui le don­ne, di nuovo espro­priate dal loro corpo diventato merce, si stanno abituando. «Questo film mi sem­bra necessario per­ché in Italia la cultura patriarcale e cattolica continua a dominarci, sia come autocensura che in modo diretto, pubblico e politico. Bisogna che le donne ricordino che solo dall’ 81 fu abolito il delitto d’ onore, che solo nel ‘96 la violenza sessuale fu riconosciuta come reato contro la persona e non contro la morale».

Natalia Aspesi

(Tratto da La Repubblica)

документарен филм на Алина Мараци

Во следниот семестар, поаѓајќи од академската 2010/2011 година во просториите на Институтот Данте Алигиери ќе се организира Филмски форум: проекција на италијански филм проследена со дискусија. Иницијативата ќе започне со проекција на документарниот филм Ги сакаме и розите на режисерката Алина Мараци, кој го најавуваме во оваа пригода преку рецензија за филмот преземена од весникот Ла Република.