Omaggio a Umberto Eco di Anastasija Gjurcinova
pubblicato su Utrinski vesnik, 26.02.2016
Umberto Eco – un grande interprete della nostra realtà
Pochi giorni fa ci ha lasciato Umberto Eco, uno degli intellettuali più influenti del nostro tempo, scrittore e professore di semiotica, ma soprattutto un curioso e persistente osservatore della realtà attuale. La cultura italiana è rimasta senza uno degli autori più acuti e lucidi e la letteratura mondiale senza uno degli autori più letti e più rispettati. Sempre provocatorio, affascinante ma allo stesso tempo contestato ad ogni suo nuovo libro, Eco sapeva commuovere le anime dei lettori.
Umberto Eco (1932-2016) è diventato scrittore all’età di 48 anni, mentre fino ad allora si occupava di giornalismo, critica letteraria e attività accademica nel campo della semiotica e delle comunicazioni. Precisamente, il suo primo amore erano gli studi medievali a cui ha dedicato i suoi primi libri, interpretando l’estetica medievale, specialmente l’opera di San Tommaso D’Aquino. Dopo ha diretto i propri interessi verso l’interpretazione del processo letterario, soprattutto verso l’importanza e il ruolo del lettore in esso. Così, già nella gioventù, ha pubblicato il libro Opera aperta (1962) nella quale scriveva che “un’opera d’arte, forma compiuta e chiusa nella sua perfezione di organismo perfettamente calibrato, è altresì aperta possibilità di essere interpretata in mille modi diversi…” Questa tesi era la base della sua teoria ermeneutico-ricettiva, la quale in seguito l’aveva eloborata anche nell’aspetto degli studi narrativi e semiotici, specialmente nell’opera Lector in fabula (1979), per completarla con I limiti dell’interpretazione (1990), nella quale ha concluso che la disinvoltura dell’opera alle possibili interpretazioni, comunque non sia senza limite ma, al contrario, ha dei limiti che sono iscritti proprio nel testo. Da ciò proviene l’idea originale di Eco del lettore-modello, ovvero quel lettore “desiderato” da parte dell’autore, che lo scrittore stesso “costruisce” pazientemente nel suo testo. Ogni opera, sosteneva Eco, ha almeno due livelli di lettura: il primo è essenziale o semantico, dove il lettore vuole solamente capire come finirà la storia e l’altro, più elevato o estetico, dove il lettore riflette anche sulla struttura e l’importanza del testo, sul suo retroscena filosofico ecc.
Dopo aver elaborato queste sue tesi a livello accademico, verso l’età di 48 anni, Eco le ha inserite in un romanzo: così è nato Il nome della rosa, del 1980. L’opera ha subito avuto un successo planetario, diventando il prototipo di ciò che era nominato “bestseller di qualità”, probabilmente a causa di un fortunato intreccio della storia narrativa (una serie di omicidi di monaci in un’abbazia medievale in Italia) e la discussione filosofica e teologica riguardo ad un libro perso, del riso e della commedia, parte della Poetica di Aristotele. Eco stesso ha spiegato maestosamente il proprio romanzo alcuni anni più tardi, nelle Postille al Nome della rosa, un saggio autoreferenziale che ha avuto la stessa fortuna del romanzo ed è diventato uno dei testi chiave del postmodernismo.
Eco è autore di altri sei romanzi (quasi tutti disponibili anche in lingua macedone, nella traduzione di Maria Grazia Cvetkovska), generalmente sui temi di storia e filosofia: Il pendolo di Foucault (1988), L’isola del giorno prima (1994), Baudolino (2000), Il cimitero di Praga (2010), mentre le sue pagine più intime forse si trovano nel romanzo La misteriosa fiamma della regina Loana (2004), dove ha condiviso con i lettori alcuni ricordi dell’infanzia durante il fascismo in Italia. Il suo ultimo romanzo, invece, Numero zero (2015) tratta un tema, a lui preferito anche nei suoi saggi di comunicologia, quello del potere manipolativo dei mass media. Qui, attraverso la storia grottesca e ironica sui rapporti nella redazione di un giornale contemporaneo in Italia, lui smaschera le teorie di complotto e indica il legame stretto e pericoloso tra i mass media ed i centri di potere. Contemporaneamente ai romanzi, negli ultimi anni ha curato anche alcune opere importantissime nell’ambito della cultura, della filosofia ed dell’estetica: Storia della bellezza (2004), Storia della bruttezza (2007), Vertigine della lista (2009), Il Medioevo (2011) o Storia delle terre e dei luoghi leggendari (2013).
Il suo libro più recente, progettato per l’autunno, è stato preparato espressamente per la stampa, solo una settimana dopo la scomparsa dello scrittore. Nel momento in cui scriviamo, esso dovrebbe essere già esposto nelle vetrine delle librerie in Italia, con lo strano titolo Pape Satàn Aleppe (citazione del verso più ermètico della Divina Commedia di Dante, quasi impenetrabile fino ad oggi) e con un sottotitolo “baumano”: Cronache di una società liquida.
Nella memoria culturale dell’Italia, del mondo, e certamente anche nostra, Eco rimarrà conosciuto come interprete degli universi mistici, ma anche come ammiratore della bellezza, della saggezza e della razionalità, e forse ancora di più come osservatore instancabile della realtà contemporanea, attraverso gli articoli e le opinioni pubblicati sui giornali italiani, ripubblicati anche nel suo Diario minimo. Tenendo conto dell’attrazione del suo discorso, che unisce la competenza professionale di un grande studioso con la leggerezza e l’ironia di un osservatore della quotidianità, rimarranno indimenticabili molti dei suoi saggi, come quello sui computer, internet e i libri (dai quali non dobbiamo sperare di liberarci), poi i suoi appunti profondamente umanistici sulla giustizia e l’ingiustizia nel mondo, sulla necessità di coltivare il pensiero critico nella scienza e nel giornalismo, nonchè i brillanti dieci punti per riconoscere il fascismo in ogni tempo ed in ogni spazio.
Alle accuse che gli arrivavano da parte dei suoi colleghi, rappresentanti della critica accademica, che i suoi romanzi erano composti “artificialmente”, cioè che erano frutto di un’anticipata preparazione, minuziosa e colta, e non di un’ispirazione immediata dello scrittore, questo famoso narratore di scherzi intellettuali rispondeva sempre, in modo rilassato, ma con un’osservazione acuta: “Ma che c’entra? Il mondo d’oggi è strapieno dei cosìddetti bambini ‘in vitro’, concepiti tramite un processo di fecondazione assistita. Anche questi vivono la vita insieme a noi, parallelamente ed ugualmente a quelli che sono nati come frutto degli abbracci d’amore più passionali.”
Traduzione
Aneta Simovska