In giugno 2008 si sono celebrati cento anni dalla nascita del grande autore italiano – Cesare Pavese. Nasque nel 1908 in Piemonte, in un piccolo paese situato nelle Langhe, in una famiglia di piccola borghesia che poi si trasferisce a Torino. Però le Langhe rimangono annidate nel suo cuore e protrando nella sua vita lasciano una traccia anche nella sua opera.
C’è un silenzio che dura sulle piante e sui colli
Ci sono acque e campagne
Ė una terra che attende e non dice parola(…)
Terra rossa, terra nera,
Tu vieni dal mare
Dal verde riarso,
Dove sono le parole
Antiche e fatica sanguigna
E gerani tra i sassi
(C.Pavese da ‘’La terra e la morte’’)
Pavese si è laureato alla Facoltà di lettere con una tesi Sull’ interpretazione della poesia di Walt Whitman. Da quel periodo si dedica all’insegnamento, lavorando nelle scuole private e serali. La sua passione per la scrittura viene ostacolata da parte del regime fascista da cui è stato più volte arrestato e mandato a confino. La colpa della sua profonda delusione non è soltanto il regime ma anche la sua infelice relazione amorosa con l’attrice americana Constance Dowling. L’amara esperienza del confino e la delusione amorosa lo opprimono in una seria e profonda crisi psicologica che finisce col suicidio.
Cesare Pavese rimane ricordato come narratore, poeta e traduttore. Le sue opere si collocano tra il Realismo ed il Simbolismo; però l’aspetto più evidente della sua appartenenza al Decadentismo deriva dal rapporto di crisi tra l’arte e la vita. Nella sua vita piena di contraddizioni e conflitti l’unica ricchezza è rappresentata dalla sua sensibilità, che influenza negativamente il suo destino, ma non il suo impegno come autore. Un’altra caratteristica che lo colloca nell’epoca del Decadentismo è l’incapacità di affrontare l’esistenza, l’impossibilità dei rapporti umani e le situazioni inadeguate nella vita. Così la vita, secondo Pavese diventa un mestiere che si deve imparare con fatica, ma spesso senza successo. E in questa fatica l’arte appare come la sostituzione integrale dell’esistenza:
‘’ Ho imparato a scrivere, non a vivere’’
La scrittura è il suo unico rifugio, l’unica possibilità a sentirsi vivo, ed anche felice:
“Quando scrivo sono normale, calmo e sereno!”
In una delle sue opere, il diario intitolato ‘’Il mestiere di vivere’’ si possono notare temi della ricerca disperata dell’amore fino all tentato di suicidio come l’ultima tentazione che lo sopraffà e pone fine alla sua vita assurda. Questo diario trovato dal suo amico, l’autore Davide Lajolo, finisce con le parole:
‘’Tutto questo fa schifo. Non parole. Un gesto. Non scriverò più’’.
A cent’anni dalla sua nascita non potevamo non ricordarci di Pavese e del suo contributo alla cultura italiana. In suo onore i collaboratori della Dante Alighieri di Skopje hanno organizzato uno spettacolo attraverso il quale ancora una volta abbiamo visto che uno dei maggiori problemi della vita è: come vincere la propria solitudine, e come comunicare con gli altri. L’unica soluzione pare sia la letteratura.
Aleksandra Trajkovska